Estate 2014. La FulgorLibertas è tecnicamente fallita. Sommersa da debiti che non è più in grado di sostenere, frutto di anni di gestioni al di sopra di ogni più logica possibilità, e titolare di un debito monstre, quasi incredibile. I debiti sono (in percentuali diverse) sulle spalle dei soci che, spesso, hanno garantito con firme personali.
I soci non hanno soluzioni. Si tenta di capire se si può ripartire dalla "quarta serie", la Dnb, dal 2014/15 Serie B. Cosa che faranno i vecchi fulgorini nell’estate 2015, al netto di un arrivo di un Signor Rossi da Lugo. Ma la realtà è che dopo anni di promesse a vuoto,“i conti sono a posto”, di playoff finti e e retrocessioni vere, la FulgorLibertas è nella solitudine figlia delle mancanze di chi l’ha gestita. L’amministrazione comunale non si attiva di fronte al rischio di morte della prima realtà sportiva cittadina. Lega Nazionale Pallacanestro e Federazione attendono solo di sapere se Forlì ci sarà ancora ed in quale serie.
In quel momento, pare sia Giannelli ad incontrare per primo Alberto Bucci. Bucci è stato un grandissimo sul campo, uno dei primi dieci allenatori della storia del basket italiano. Ma fuori dal campo è protagonista di una serie di intricate 'disavventure'. E’ il 2007. Livorno prova ancora a credere nella rinascita del basket cittadino. Da giorni sta rimbalzando il nome di Alberto Bucci, un’istituzione in città, l'allenatore del "quasi-Scudetto" 1989/90. E’ il front-man di una cordata russa, e dichiara: “Abbiamo un progetto ambizioso per collocare Livorno nel basket di serie A in due o tre stagioni. Noi siamo pronti a fare le nostre mosse in tempo per dare tutte le garanzie necessarie per l'inizio della prossima stagione”. Passano a vuoto vari giorni, mentre Bucci, affiancato da Riccardo Morandotti che è con lui in quell’avventura, predica calma e mostra serenità sulla buona conclusione dell’affare. Ma i russi non arrivano. E mai arriveranno. E la storia del basket livornese rimane confinata nelle minors.
Anno 2009. Una cordata vuole comprare la Virtus di Sabatini, volpe di pelo lunghissimo, difficile da abbindolare. Gli promettono soldi, tanti soldi, che dovrebbero arrivare da una banca svizzera. E che devono essere pagati cash ma che poi vengono presentati in fideiussioni. Dopo comunicazioni poco convincenti e fax che partono da una sala giochi di Cattolica, Sabatini manda tutti a ramengo senza nemmeno pensarci due volte. I nomi della cordata che trapelano sono quelli di Stefano Tonelli (ex direttore commerciale della Rimini Yacht, il cui titolare, Gulio Lolli, viene accusato di frode e fugge in Libia dove verrà catturato), e Luca Bergamini, mister Riviera Solare, che per giorni tenta di convincere Sabatini sulla bontà della sua proposta. Inutilmente.
Questo Bergamini non molla l'idea basket, e si dirige verso Rimini. Con a fianco chi? Alberto Bucci. E' proprio Bucci, che a Rimini peraltro ci vive, che presenta alla proprietà del basket riminese Bergamini. A lato di Bucci, esattamente come a Livorno, c’è Riccardo Morandotti. Bucci dichiara: “L’obiettivo è tornare in serie A in due o tre stagioni. Le idee della proprietà sono a lungo termine. C’è voglia di portare Rimini dove le compete, in serie A”. Qui, al contrario di Livorno, la nuova proprietà si palesa, ma i risultati sono i medesimi: dopo mesi di “tranquilli, tutto a posto” e di slittamenti vari, si arriva ad una drammatica conferenza di Braschi, patron di Rimini, che dichiara: “Il signor Bergamini non ha onorato i suoi impegni. Ho con me due suoi assegni: il più piccolo, da 168mila euro, l’ho messo in banca e mi è tornato indietro, essendo scoperto; l’altro, da 450mila euro, devo ancora versarlo, però temo che il risultato sarà il medesimo (…) Avevo preso visione di alcuni documenti, sulla carta i soldi c’erano. Confidavo di aver fatto il grande colpo e invece così non è stato". Finita.
Alberto Bucci riappare come front-man a Forlì nel 2014, questa volta senza Morandotti. Dichiarerà, riguardo al progetto Boccio: “Vogliamo la serie A in due o tre anni. Conosco bene Massimiliano Boccio, l'ho allenato. Voleva investire sul basket e mi ha chiesto un consiglio: qual era secondo me la piazza ideale su cui puntare. La prima opzione è stata Forlì. (...) Vogliamo collocare Forlì dove merita, in serie A”. Vi giuriamo che non abbiamo fatto 'copia e incolla'.
Ma torniamo al punto di partenza. Bucci non presenta a Giannelli ed ai soci, chessò, Guido Barilla o Nerio Alessandri, ma appunto un suo ex giocatore: Massimiliano Boccio, detto Max. Chi è Boccio? Nel mondo del basket, si sente parlare di lui nel 2004, quando decide di apparire come sponsor sulle maglie della Virtus Bologna (si, quella su cui arriverà qualche tempo dopo Bergamini), col suo brand, Caffè Maxim. Sponsorizzazione ricca (400mila euro a stagione) e l’ambizione di Max di sfidare, con la sua Cafè Maxim, addirittura Starbucks, sintomo che la grandeur del personaggio non nasce a Forlì. Va tutto bene per un paio d’anni scarsi, tanto che Boccio offre a Sabatini 5 milioni (eh, già) per rilevare la Virtus. Poi però Caffè Maxim entra in un vortice che la porta a divenire di proprietà di Sabatini. Mentre parte una lunghissima battaglia legale fra Sabatini e Boccio, le cose per Boccio si complicano dal punto di vista finanziario, tanto che viene condannato per bancarotta fraudolenta, beccandosi tre anni e 8 mesi.
Boccio, dopo la tempesta, sparisce letteralmente dall’Italia e tenta fortuna all'estero. Per anni nessuno ha più notizie. Le uniche tracce reperibili sono legate a finanziarie svizzere (casualmente la stessa nazione da cui dovevano arrivare i soldi della cordata di Bergamini per la Virtus) con capitali sociali minimi come la MBC Swiss, dichiarata fallita il 22 Agosto 2012. Quando appare a Forlì risulta parte del Gruppo Industriale Chirisi-Boccio Spa, dove Chirisi è il cognome della moglie rumena, che pare conosca bene la Romagna visto che si dice abbia soggiornato per un periodo a Riccione. La Chirisi-Boccio ha tre caratteristiche ‘particolari’: un capitale sociale mostruoso (27milioni, il triplo di Technogym), una sede che è una malmessa villa sui colli bolognesi all’asta fallimentare (che viene riscattata il 3 ottobre 2014), e una totale assenza di attività apparenti, visto che non ha ufficio, non ha numero di telefono e non emette fatture.
I soci della FulgorLibertas, non si sa se per disperazione per quei debiti che quel sant'uomo di Boccio si vuole prendere a carico o per altri motivi, davanti al duo Bucci-Boccio, con tutto quello che è scritto sopra (tutto rigorosamente e semplicissimamente rintracciabile su internet), decidono comunque di proseguire la trattativa. Il nome di Boccio intanto comincia a rimbalzare in città. Prima viene presentato, in una conferenza stampa con protagonisti Benzoni e Giannelli, come mediatore di un'importante famiglia bolognese. Quando risulta essere lui l’unico soggetto in campo, si tenta il giustificazionismo, ovvero “nella vita si può sbagliare, abbiate fede”. Ad assicurare sempre tutti ci pensa Alberto Bucci. Sono i giorni della conferenza stampa “Blue Chips e Armani”, in cui leggenda vuole sia presente la Digos. Boccio si presenta alla conferenza con una Bmw del 2003, assicurando al contempo a tutti che "i soldi non sono un problema". Intanto gira insistentemente la voce di continui viaggi in Svizzera non in solitaria, ma con personaggi ben conosciuti in città. Frattanto Bucci ingaggia per la logistica in città l'ex-segretario generale della JollyColombani Roberto Raffoni e suona la fanfara al fianco di Boccio, dichiarando di voler chiedere al Comune di Forlì l'installazione fuori dalla A14 di un cartello "Forlì città del basket" e promettendo di tempestare i negozi del centro cittadino di adesivi recanti il nuovo logo: un galletto incazzato accompagnato dall'hashtag - che la storia rivelerà involontariamente comico - #alzalacresta.
Ma esattamente come successo in altre latitudini, i soldi non arrivano. Boccio, tecnicamente un pregiudicato, per mesi consegna sulla piazza forlivese, assegni firmati dalla moglie, che poi risulteranno scoperti. Uno di questi - enorme: oltre 100mila euro - va all’Ente Fiera di Forlì. I dirigenti dell’Ente per qualche giorno fanno la voce grossa, minacciano di tenere la squadra fuori dal Palafiera, e lo fanno per tutti gli allenamenti pre-campionato, costringendo la prima squadra cittadina - nel frattempo allestita ed infarcita di campioni dal passato scintillante - ad un umiliante pellegrinaggio tra le palestrine del circondario. Ma la situazione si complica quando gli si ricorda che per anni non hanno incassato l' affitto dovuto dalla FulgorLibertas, e si chiede loro di spiegarne il motivo. Il presidente dell'Ente Fiera - aggiungendo il dark a questo Romanzo Provinciale - nel frattempo è clamorosamente deceduto, proprio nei convulsi giorni della "trattativa" con Boccio, stroncato da un improvviso malore.
Sono passati 3 mesi dall'inizio dell'era-Boccio a Forlì. La squadra è al lavoro, distratta non poco dalle pirotecniche vicende societarie, non fosse per il fatto che alcuni italiani hanno percepito una sola mensilità, mentre gli stranieri Zizic, Abbott e Becirovic nemmeno quella. Tranquilli, "loro sono quelli sicuri di prendere i soldi, estero su estero", assicurano improvvisati esperti di finanza da bar a ruota libera. Boccio allora prende a scorazzare in giro per l’Europa a caccia di non si sa bene cosa. Va a Londra, che è una città che torna in una storiaccia di società off-shore che lo sfiora. Dichiara, bello come il sole: “Devo vendere un mio titolo JP Morgan, che è americano, in Italia non lo posso commercializzare. Ho appreso in questi giorni che se lo vendo qui a Londra, nel momento in cui appoggio i proventi del titolo in una banca inglese e poi li porto in Italia faccio una manovra scorretta sul piano fiscale. O vado fisicamente negli Stati Uniti a fare l’operazione o, come spero, lo faccio appoggiandomi sul Lussemburgo”. E aggiunge per far briscola: "Io ho un patrimonio personale, all’estero. Aggredibile, sia pur con non piccole difficoltà". Al suo ritorno in Italia programma un viaggio negli States con "madrelingua" Frattin, poi cambia idea, perchè "ho trovato il modo di risolvere la situazione". Nessuno chiede spiegazioni sui suoi conti all’estero e da dove provengano tutti questi soldi. Che qualcuno, tra cui un familiare di un giocatore molto importante, esattamente come successe a Braschi a Rimini, dice di “aver visto” nei monitor di qualche istituto di credito oltreconfine. Si propone agli atleti l'apertura di conti correnti in grado di ricevere titoli, poi si cambia idea.
Sono settimane di stucchevoli tira e molla, con Frattin, che brutalizza i giornalisti romagnoli, colpevoli di raccontare questa storia lugubre e, pur restando serio, proprio non riesce a farsi una ragione del perchè tutta questa prevenzione nel i confronti di Boccio. L'unica strategia che si persegue è quella di alzare - o meglio: spostare - costantemente l'asticella della speranza, mentre nessuno spiega, per esempio, dove sono finiti i soldi degli abbonamenti, circa 100.000 euro liquidi come l'acqua. Nessuno spiega come si è svolta questa strana trattativa, nata a Forlì e conclusasi a fine agosto 2014 con un sobrio aumento di capitale che portò la raffazzonata FulgorLibertas da 50.000 euro di capitale sociale a quota 5 milioni di euro (mai versati, ovviamente). Nessuno spiega chi e perchè ha riscattato la sede della Chirisi-Boccio il 3 ottobre 2014 dalle Aste Fallimentari. E se quella casa l'avesse riscattata...
Arrivando ad oggi. Ad Alberto Bucci che, avvilito, ormai lontano dal Progetto (sic) e alle prese con altri problemi molto seri, nonostante tutto, dichiara: "Boccio non chiuderà la FulgorLibertas"; ai ragazzini che giocano contro Trieste e alla seconda morte del basket forlivese in meno di vent’anni. Sono numerosi i vuoti in questa grottesca sceneggiatura: perché si è fatto tutto questo? Perché in tre mesi si è deciso di uccidere la prima realtà sportiva cittadina? Perchè Boccio ha costruito tutto questo circo? Ecco, queste sono la domande a cui, anche mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, non si riesce a rispondere. Ma non sono riusciti a rispondere nemmeno a Livorno. E neppure a Rimini.
Si può immaginare, si possono disegnare mille scenari. Si può teorizzare a chi è convenuto tutto questo. L’unica certezza è che, mentre scriviamo queste righe, Boccio può prendere il primo volo e tanti saluti a tutti i creditori (Ente Fiera ed Erario compresi), facendo calare il sipario su questa fumosa vicenda “cestistico-finanziaria”. Chi ci ha guadagnato, magari non in termini strettamente monetari? Perché le carte non le abbiamo: ma fatichiamo tanto a credere che tutti, ma proprio tutti, siano rimasti col cerino in mano.