Cominciamo con i fatti, fatti che riguardano il perimetro fuori Forlì. Perchè mentre la Forlì del basket si sta dividendo (Boccio entusiasta ed entusiasmante profeta di un futuro radioso o cantore stonato di un progetto oscuro che non si vede come possa stare in piedi?) l'Italia del basket - che assalta in queste ore forlibasket.it per sapere del BoccioShow - sta ridendo. A crepapelle. Come del resto ridevamo noi qualche anno fa di Bergamini e di Riviera Solare; come del resto rideremmo se un Boccio si palesasse in questa maniera in qualsiasi altra piazza d'Italia. Che non sia Forlì.
Che dire dello show dell'istrionico Maxim (coadiuvato da un Bucci da Libro Cuore e da una silente presidentessa)? L'approccio non è stato decisamente quello "tipico" del professionista che ha appena ricapitalizzato 5 milioni di euro. In casi come questi ci si presenta con una giacca, un paio di pantaloni, un documento, qualche slide e un discorso minimamente strutturato con cui si racconta in modo organico quel che si vuol fare. Boccio è viceversa un improvvisatore, sia nel look che nell'eloquio. Va a ruota libera, ma a ruota libera di brutto, tra progetti di pressochè impossibile realizzazione (la quotazione in borsa), svarioni imperdonabili per chi si dice 'esperto operatore di borsa a Milano' (le "blue chip" richiedono un miliardo di capitalizzazione: 5 milioni non sono pochi ma un miliardo è un filino di più), ammette i suoi errori del passato, mostra una sincera voglia di rifarsi, la butta sull'autoironico ("di basket non capisco niente", "quella ricca è mia moglie, io sono un fallito cui hanno appena messo all'asta la casa"), non chiarisce se - tra una roba e l'altra - 10 euro "veri" finora li ha conferiti nelle casse della FL, ha la sparata sempre in canna ("la quotazione in borsa non ha obiettivi venali, i soldi non ci mancano", "avevo 3 Ferrari in garage e andavo al paddock di Michael Schumacher", fino alla sfida ad Armani). Che non fosse un paludato manager da frase fatta l'avevamo capito, ma qui si va oltre anche all'Oliveti del Forlì Calcio più 'spinto', quello che voleva sfidare il Manchester United e rifare un Old Trafford in miniatura in zona Autostrada. Diciamo che un "Salve, sono Massimiliano Boccio, ho qualche quattrino a disposizione, vi spiego da dove proviene e soprattutto come intendo investirlo per provare a riportare Forlì in Serie A" avrebbe forse fatto meno rumore ma avrebbe avuto connotati un attimo più credibili.
Ma tant'è, quello che Boccio, di primo acchito, sembra avere azzeccato parrebbero essere i collaboratori: Alex Finelli è un buon allenatore ed una persona seria, come ebbe a dimostrare durante le infuocate finali playoff con la Effe del 2010. Alberto Bucci ha entusiasmo, cuore e toccante coraggio nel raccontare i suoi malanni, mescola ad un pò di perdonabile retorica qualche buona idea (e pazienza se in 10' in sequenza ha confuso Forlì con Rimini - dolore! -, Natali con Niccolai, Casale Monferrato con Casal Pusterlengo e Finelli con Lardo). Maurizio Marinucci, futuro responsabile del vivaio, ha fatto un'ottima impressione alle delegazioni delle minors che lo hanno incrociato nelle scorse ore. Il redivivo Roberto Raffoni, pur essendo stato in tutti questi anni un fervente antipatizzante della FL, pur appartenendo ad un'era analogica e pur non essendo colui cui Fabri Fibra dedicò il suo album del 2004, è sempre stato uomo di macchina efficiente e capace, apprezzato financo in Lega Basket a Bologna dopo i fatti del 1999.
Se arriveranno i buoni giocatori nell'aria e il mercato prenderà quota, la Forlì perduta e un pò credulona, atrofizzata nell'animo dall'ancien regime e pertanto vogliosa di godere senza troppe paranoie, rassegnata al fatto che non ci sono alternative domenicali plausibili al Palafiera, potrebbe regalare nuove performance da urlo ad altezza abbonamenti. Poi le prima le amichevoli e poi il campionato si potranno prendere l'occhio di bue. E piano piano le questioni societarie, i buchi, i 27 milioni e rotti appannaggio di quello stesso Gruppo Industriale Chirisi Boccio che pure insiste su un terreno alle aste fallimentari, tutto questo finirà per sfumare e andare in secondo piano. E in fin dei conti, dopo anni di sfiancanti focus sui malghini e le miserie interne alla FulgorLibertas, che mettevano la squadra e la dinamica domenicale all'ultimo posto, non siamo molto lontani da quello che avremmo auspicato. Quindi - tanto per chiarivi la "linea" che terrà forlibasket nel futuro prossimo venturo - guarderemo alle vicende della squadra isolandole nel limite del possibile da ogni aspetto extra-sportivo. Senza pregiudizi, con l'attenzione, l'imparzialità e lo spirito che - vi piaccia o no - ci contraddistinguono da 11 anni. Poi se tra qualche mese andremo a fare una semifinale playoff con l'Olimpia Milano sarà una figata portentosa. Ma, sia altrettanto chiaro, se una mattina ci sveglieremo, magari anche nel mezzo del campionato, e per qualche ragione ci verrà detto che tutto questo sarà stato improvvisamente raso al suolo, se la FulgorLibertas, la tribuna delle vecchie glorie, il cartello "città del basket" fuori dalla A14, il ftse-mib e le blue chips, l'avvenente pres romena che non fece rimpiangere Masoni non ci saranno più, piallati da un qualche buldozzer... da zero a dieci ci stupiremo... uno. Come l'avevamo chiamata già? Roulette russa. Ecco, ribadiamolo. E' un'adrenalinica partita alla Roulette Russa. Lieti di sbagliarci, sia chiaro E nel frattempo... Buon divertimento.